by redazione on apr.02, 2012, under A, ALBUM
(code666) Gli Akphaezya sono una idea del francese Stephan H., il quale ha racchiuso in questo progetto l’essenza, la linfa, il nucleo di una serie di generi e sperimentazioni, i quali tutte insieme vengono messe in contrasto tra loro, attraverso il reagente del metal, vero elemento cardine del sound complesso, estroso e unico degli Akphaezya. “Anthology IV” segue il primo album “Anthology II” e sviuppa nei suoi testi, espressi magnificamente da Nehl Aëllin, voce e tastiera, grazie alla ripresa delle tragedie greche; ma il tutto si evolve attraverso una serie di passaggi tra il jazz, il rock, il folk e il fanta-grind (prego ascoltare le veloci e frenetiche parti di “Nemesis”, per capire cosa si voglia dire con questa definizione). “Anthology IV (the Tragedy of Nerak)” non è solamente un album di metal sperimentale o avant-garde, non è nemmeno un album di progressive rock/metal: “Anthology IV (the Tragedy of Nerak)” è eleganza (la Aëllin contribuisce tanto in questo) è musica che si plasma in forme improvvise, ma sempre in dimensioni uniche, universali e inaspettate (e in questo sono anche gli altri tre musicisti a permetterlo). Inaspettate sono “Slow Vertigo”, canzone incline al gothic, “Utopia”, che esibisce lo xilofono, un simil vaudeville e melodie mediorientali, le quali capitano anche nella leggiadra e acustica “Dystopia”. “Hubris” riprende le divagazioni estemporanee dei King Crimson, abbinati al doom, mentre “Genesis” ha 10? di Motörhead e te lo fa quasi credere che sarà così, poi il brano gira verso l’heavy metal. Difficile dunque descrivere minuziosamente l’album, perchè gni singola canzone è una scatola cinese, un atto di arte pura o una bizzarra volontà di accostare insieme più sfumature, idee, concezioni e suoni. Una cosa non da discutere è il fatto che gli Akphaezya abbiano inciso un ottimo album, con la volontà di esprimere un verbo creativo nei solchi di “Anthology IV (the Tragedy of Nerak)”. L’album esprime il meglio di se nella sua interezza, anziché per le singole canzoni dove alcune se scorporate dal contesto riducono la loro portata. Tutto sommato è un lavoro unico.
(Alberto Vitale) Voto: 8/10